lunedì 26 maggio 2014

#26: aria di vacanza

Caro Diario,
 la stagione è quella giusta.
 Per cosa?, mi chiederai. Per sentire nell'aria il profumo pungente di vacanza. Viviamo ai margini di una meta turistica bellissima, il lago Maggiore. C'è chi vien da lontano per ammirare il colore delle onde al calar del sole. Le lingue straniere s'intrecciano, i clic delle macchine fotografiche rimbalzano lungo la costa. Volti rasserenati osservano la distesa d'acqua dai colori mutevoli e le montagne che ne disegnano i contorni.
 Perché il lago ha il potere di calmare gli animi, d'infondere pace: le sue acque son l'elisir di lunga serenità.
 Ogni volta che lo vedo sto bene.
 Per questo quando il marito in sella alla moto mi chiede quale strada percorrere, io rispondo: la strada del lago. E così partiamo, strizzati nelle nostre tute, il casco che ci protegge dall'aria e amplifica gli odori.
 Arona, Meina, Lesa, Belgirate, Stresa, Baveno, e poi ancora più su, Feriolo, Pallanza, Intra, Ghiffa, Cannero. 
Osservo con amore le case che per cinque anni di pullman mi aspettano mentre vado e torno a casa da scuola.

Osservo il cielo là sopra, le nuvole che si scontrano e poi si rilasciano, un po' d'azzurro oltre al bianco, il sole che colora tutto quanto con intensità.

Le onde. Le onde piatte vicino a noi e leggermente increspate là in centro, dove la corrente è più forte.

Le vele bianche che filano beate da una costa all'altra, godendosi il vento, il sole, l'assoluta libertà.

Annuso con avidità il profumo di gelsomino in fiore, l'aroma umido della terra smossa, l'odore pieno del lago a riva.

 I ricordi partono impazziti e si rincorrono, urtandosi l'un con l'altro: quel giro in macchina a diciotto anni con gli amici spensierati, il viaggio in traghetto con le onde di agata dal finestrino, tutte le passeggiate fino al moletto, tantissimi altri giri in moto. E sempre, sempre, quella sensazione potente di libertà. Di sentirmi in vacanza.

Cannero. Col naso all'insù.

Cannero. Mai senza scarpe.

 Nuovi ricordi, di ieri: vicoli che si dipartono dal lago verso case misteriose da scoprire, piccoli giardini con signori che dormono in poltrona, bambini che rincorrono papà urlettando in tedesco, le carpe che inseguono sott'acqua una famiglia di germani reali. In un'acqua grigio verde dove le montagne si avvicinano dalle rive opposte, e lucente come mercurio nei punti più aperti.
 Ci vuol poco per sentirsi in vacanza, da queste parti. Basta seguire il luccichio dell'acqua.

(-5; determinazione: buona; umore: buonino; sorriso del giorno: meno male che c'è il lago!)

venerdì 23 maggio 2014

A volte ritornano. Déjà vu lavorativi.

Caro Diario,
 ho bisogno di un punto e a capo.
 In questi giorni sono incastrata in un ritorno di lavoro: giuro che, al pari delle vecchie fiamme, hanno lo stesso fascino delle minestre riscaldate.
 Tutto sa di stantio, ricordarsi gli ingredienti orginari è un'impresa, completare ciò che rimane in sospeso da quattro mesi (solo quattro? sembra molto di più) è uno sforzo incredibile. Produce noia, nervosismo, dissociazione di personalità, disorientamento temporale.
 Lo dice anche Trinity: un déjà vu è un'alterazione del programma, causato da cambiamenti altrui. Sgrunt.


 Casomai dovesse capitare ancora in futuro, preparo in fretta e furia una Breve Guida per Sopravvivere ai Déjà Vu Lavorativi.
 1. Fingi che il lavoro sia diverso 
Lo so, non puoi. Tutto ti sembra già conosciuto (lo è, in effetti), tutto ti tedia, ti annoia. 
Ti fa venire il nervoso. Va bene, è chiaro che non funziona.

2. Fingi che tu sia diversa
Immedesimati in un'altra persona, una che fa un altro tipo di lavoro. 
Per lei il tuo lavoro è un'assoluta novità! 
Se ci riesci, dimmi come: avrai tutta la mia riconoscenza 
(il mio sogno segreto è prendere una vacanza da me stessa).

3. Tappa occhi, naso, orecchie e buttati a bomba
Prendi fiato e tuffati nel lavoro in apnea: prima inizi, prima finisci. 
Quanti minuti resisti senza respirare? Ecco. 
Forse è il caso di fare un po' d'esercizio.

4. Accendi lo stereo a palla e abbandonati al ritmo
Alza il volume fino ad annientare ogni pensiero superfluo 
e pigia sui tasti al ritmo della tua musica preferita. 
Potrebbe funzionare. 
Consiglio la colonna sonora di Dirty Dancing: 
nei momenti di sconforto credersi Baby fra le braccia di Johnny fa bene.

5. Ripeti il mantra apotropaico
Non c'è una formula scritta: ascolta con attenzione il centro del tuo essere 
e il mantra risuonerà forte e chiaro.
Se inizia per V e finisce per O, ti assicuro che funziona.


(-8; determinazione: messa a dura prova; umore: reloaded; sorriso del giorno: yessa, è venerdì!)

mercoledì 21 maggio 2014

Eppure son semplici nodi che fanno un merletto

Caro Diario,
 nodi, nodi e ancora nodi.
 Nodi che legano persone lontane, nodi fatti a mano, con l'uncinetto o una navetta, nodi che regalano un sorriso, nodi per chiudere un pacchetto. 
 Mi piacciono, soprattutto mi piace disfarli: niente è più gratificante per me del districare fili annodati. Da quando inizio a lavorare coi filati, passo vent'anni tra gomitoli e matasse che si divertono a mettermi alla prova. Con calma prendo un capo del filo e lo seguo tra anse, occhielli e intrecci da funambolo, e poi lo arrotolo su se stesso e lo trasformo in un gomitolo. Ecco fatto.
 Prima a maglia, poi a uncinetto, passando dal tunisino fino al chiacchierino (per ora), osservo come un diverso movimento del polso o l'uso di uno strumento al posto di un altro diano forma a nodi differenti: stretti, complicati, doppi, semplici, morbidi. E quando assieme danno forma a trine, pizzi e merletti coloratissimi, be', vado in visibilio. Impensabile solo cinque o sei anni fa: che sia il passaggio da Q.Q. ai fatidici Q.? Oppure l'influsso muliebre di questa casa di campagna (ti ricordi? quella visione di marmellate, conserve, grembiulini in vita...)? 
 Ed è così che m'innamoro di un colletto di Mammabruca.


 Ci sono nodi che metto al collo come i colletti rotondi di una volta o un'ironica collana (con la maglia a righe bianco-rosse è un bijoux). E ci son nodi che sfumano nel colore e danno vita a fiori: ogni fiore un sorriso.


(-10; determinazione: alle stelle; umore: idem; sorriso del giorni: nodi!)

lunedì 19 maggio 2014

# 25: adagio con brio

Caro Diario,
 oggi è lunedì, ma mi sembra già un giovedì.
 Perché di cose ne faccio tante, al di là di quelle segnate nella lista del giorno. Talmente tante che mi sembra di vivere quasi una settimana in un giorno solo.
 Questa settimana ho parecchi appuntamenti, uno è oggi per pranzo in un paese di lago. Solitamente una fanciulla si attarda a pensare alla mise, se dare un colpo di spazzola in più ai capelli, se è il caso di colorare le labbra di rosso. Io no, io passo ore a preoccuparmi e basta. La paura di guidare, infatti, alberga ancora tutta intera nella mia testa.
 La paura di guidare, oltretutto, peggiora col peggiorare del tempo. Sono diventata un'accanita frequentatrice di siti meteo: le previsioni ormai non hanno più segreti per me. Se ieri il verdetto per oggi è pioggia, ma oggi c'è il sole, potrebbe piovere domani - a che ora, ancora, non riesco a capire bene.
 Stamane mi sveglio col sole: sospiro di sollievo. Verso le dieci il sole è coperto dalle nuvole: mmm, sono bianche, potrebbero essere innocue. Un'ora più tardi il bianco diventa grigio, ma non abbastanza da promettere pioggia. Lecco il dito e saggio l'aria: c'è vento. Bene, potrebbe portarsele via.
 Intanto mi preparo: mi vesto e ripeto il mantra pro-guida-serena: "Nuvola grigia pussa via! Nuvola grigia pussa via!"
 Poiché verso l'ora della partenza la meteosituazione rimane invariata, decido di non annullare l'appuntamento (già fatto, con mia somma vergogna) e mettermi in marcia. Tempo di percorrenza previsto: 40'-50' per star larga. 
 Bene. Ora devo solo decidere quale strada percorrere. Per raggiungere la mia meta posso fare due strade: la statale che costeggia il lago con curve continue, oppure la strada che attraversa i paesi di collina in un continuo saliscendi e una serie di tornanti per finire in bellezza - ci sarebbe anche l'autostrada, ma evito a priori. Insomma, devo solo scegliere tra due paure.
 Lancio la monetina e scelgo (ehm) la seconda. Salita, lieve discesa, salita. Bene. Discesona: aiuto, freno finché la macchina non chiede pietà. Salita, piano, salita, breve discesa in curva (per fortuna tutti frenano di brutto e mi adeguo felice). Poi al fatidico stop iniziano i tornanti. Tutti rigorosamente in seconda. A sprazzi col piede incollato al freno. Giungo alla meta, trovo un parcheggio, spengo il motore. E riprendo a respirare. Poi decontraggo i muscoli e sospiro. Impiego solo trenta minuti: trenta minuti? Sto migliorando.
 Non penso al ritorno finché non mi tocca tornare a casa. Questa volta scelgo l'altra strada, paesaggisticamente molto bella, ma assai impegnativa per me. Rettilineo, semaforo, curva (trattengo il respiro), rettilineo (respiro), curva, curva, curva (vado in apnea), breve rettilineo (respiro veloce), curva (trattengo il respiro)... eccetera eccetera finché non giungo quasi a casa.
 C'è il sole e io e Pagnottella siamo ancora tutte intere: bisogna festeggiare. Mi fermo davanti alla libreria e mi concedo una buona mezz'ora del mio sport preferito: curiosare tra i libri, sfogliarne alcuni, annotare mentalmente i prossimi acquisti e decidere quale portare a casa.

Come inizio di settimana non è affatto male.

(-12; determinazione: rombante; umore: solare; sorriso del giorno: paura, PRRR!)

mercoledì 14 maggio 2014

Chez moi #28: farro al curry

Caro Diario, 
 incredibile, nessun pasticcio!
 Strano, perché io di pasticci in cucina ne combino parecchi, dal rischio di saltare in aria al tentativo di incendiare con olio bollente la coda del Baldo. Questa volta tutto fila liscio - come, in effetti, dovrebbe sempre andare. Eppure si tratta anche in questo caso di un'esperimento culinario: provo una vecchia ricetta con un nuovo metodo di cottura, ossia il farro al curry cotto nel cuocicereali, anziché nella classica padella.
 Lo so, caro Diario, stenti a credermi (e non solo per non aver combinato guai): io con un aggeggio elettrico? Io, che ancora preferisco usare la frusta a mano per gli impasti di torte e pancakes? Io, che tento ogni volta di pestare basilico e pinoli nel mortaio, prima di arrendermi all'evidenza (del basilico d'acciaio) e tirar fuori il vecchissimo frullatore? Ebbene sì, proprio io.
 Perché, capisci, apprezzo il piccolo elettrodomestico solo se:  (1) è facile da pulire in lavastoviglie, (2) il tempo per montarlo-usarlo-smontarlo è inferiore al tempo di uso di un aggeggio pariprestante senza spina, (3) fa cose che l'aggeggio pariprestante senza spina non può.
 E così, quando giunge il momento di scegliere come utilizzare i punti del supermercato, vengo attratta dal cuocicereali. Non che riesca a capire subito le sue capacità - passo un paio di giorni a cercar recensioni, ricette-verità et similia, ma nada. Dice solo: cuoce i cereali in poco tempo e, se vuoi, pure altri cibi al vapore. Tutto assieme. 
 Quindi ci provo, lo prenoto e sabato scorso torno bel bella a casa con il mio piccolo elettrodomestico sotto il braccio. E lo lascio lì a decantare. Il marito mi dice: "Mi raccomando. Non provarlo quando non sono a casa. Facciamolo assieme."
 Indomita, me ne infischio delle sue premure (o paure?) e mi metto all'opera:
  1. cerco sul ricettario in dotazione quanta acqua aggiungere al farro, ma non trovo l'informazione (il farro non è contemplato tra i cereali appetibili, evidentemente, perciò vado a naso);
  2. verso nel contenitore del cuocicereali 200 gr di farro e due dosatori pieni d'acqua;
  3. accendo il cuociriso (ho qualche difficoltà a capire come - basta premere il pulsante d'accensione, ehm) e punto il timer a 10';
  4. quando suona, aggiungo nel recipiente le verdurine (già cotte - residui della cena di ieri), il curry e il sale;
  5. copro col coperchio e lascio cuocere, ma non so per quanto: nel frattempo esco in giardino col Baldo per qualche minuto e non sto attenta - sul ricettario dicono che la cottura dura 15' (la prossima volta controllo quando si spegne la spia della cottura e si accende quella del mantenimento in caldo);
  6. quand'è cotto, aggiungo dell'olio, mescolo e servo.

  Buono! Il farro è cotto al punto giusto e tutto in 15' (per ora presunti) e non ho dovuto far nulla: né riempire la padella d'acqua, né ricordarmi di salarla appena bolle, né mescolare prima-durante-dopo, né scolare il farro prima di condirlo, né preparare il condimento a parte, né versare il farro nel condimento (o viceversa). Soprattutto non ho impiegato i miei soliti 40'. Fantastico!
 Esperimento ben riuscito, nonostante la gufata del marito premuroso. Prrr.

(-17; determinazione: alta; umore: alto; sorriso del giorno: viva il cuocicerali!)

lunedì 12 maggio 2014

Paroladordine: organizzare Il Ripostiglio

Caro Diario,
 ancora non ci credo: Il Ripostiglio c'è!
 Tiriamo una riga su ciascuna delle voci che ancora rimangono e, finalmente, si riempie Il Ripostiglio!
 Il marito avvita il porta-ferro da stiro e i ganci per la scaletta sull'anta di sinistra. Poi costruisce un gancio lungo per trattenere l'asse da stiro, da avvitare al mensolone in alto, perché lungo la parete scorrono i cavi della luce. E metà è fatta.
 Quindi passa ai ganci per scopa e spazzolone sull'anta di destra. Manca, ahimé, il mobiletto bianco per spugne, guanti, detersivi, strofinacci e oggetti vari. Ma ho un jolly e me lo gioco: il carrellino a tre piani color turchese che aspetta da tempo d'essere tolto dallo scatolone, montato e usato.


























Come puoi notare, mio caro Diario, la scaletta è tutta storta e macchiata di cemento e pittura: ogni macchia è una medaglia al merito - in dodici anni di vita domestica assieme a noi ne colleziona moltissime.
 Montiamo i pomelli (due rotondi sotto e due quadrati sopra con disegni naturali dorati), chiudiamo le ante e...

 Qualcuno si vuole accomodare?

P.S. guarda qua:  evviva, evviva Il Ripostiglio!



Le varie fasi:
- Lavori in corso: Il Ripostiglio (3)
- Lavori in corso: Il Ripostiglio (2)
- Lavori in corso: Il Ripostiglio (1)

(-19; determinazione: alta; umore: velato; sorriso del giorno: Il Ripostiglio!)

venerdì 9 maggio 2014

La canzone che canterei

Caro Diario,
 in serate come queste canterei a squarciagola.
 Amo l'ora in cui le famiglie si riuniscono a cena. Amo passeggiare per le vie nella sera ancora luminosa, sentire il tintinnio delle posate, il sibilo delle pentole, il bicchiere che si posa sul tavolo, la tivù in sottofondo e il chiacchiericcio pacato delle persone. Non so perché, ma passeggiare nel fresco di quest'ora, fuori, mentre tutti son dentro nelle loro cucine, mi rende felice. Una di quelle felicità che avvolgono, stringono il centro dell'animo e fanno sentire la vita. Mi sento viva. Sono felice.
 E per mostrare al mondo come mi sento, devo cantare, urlare parole seguendo una melodia potente.
 Cosa canterei questa sera? 


 Sto rientrando a casa, per la strada incontro il marito e al di là del cancello ci aspetta il Baldo. Sono felice.

(-22; determinazione: buona; umore: scintillante; sorriso del giorno: vedi sopra!)

mercoledì 7 maggio 2014

# 23: nuovo piano d'attacco

Caro Diario,
 che giornata, questa!
 Al mattino cielo bianco e opaco, sole vacante e luminosità calante. Meglio accendere una luce altrimenti non vedo quel che scrivo. 
 Nel pomeriggio cielo grigio e pesante, luce assente e pioggia di passaggio. La lampada è sempre accesa.
 Verso sera cielo azzurro, nuvolette grigio-bianche e il sole che brilla intenso, ormai basso, quasi dietro ai tetti delle case. 
 Al tramonto le nuvole si tingono di rosa, il mio rosa.
 Una giornata in linea con l'umore: prima opaco, poi pesante e infine brillante. Troppe cose per la testa, questioni da risolvere, conti da fare, chiacchiere con le amiche, belle ma anche tristi notizie. 
 Il Punto Della Situazione mi ticchetta sulla spalla e non posso far finta di nulla: ormai lo san tutti che Il Ripostiglio non è ancora finito. Ma ormai ci siamo - vero? Perciò posso passare a contemplare il Nuovo Piano D'Attacco: per il mese di Maggio prevedo un archivio del tutto riorganizzato.

 Ora aspetto l'ora più dolce della giornata per prepararmi alla notte: una doccia bollente che concilia il sonno, una pagina di libro e poi, finalmente, spengo la luce. E il cervello.

(-24; determinazione: caparbia; umore: danzante; sorriso del giorno: le nuvole!)

venerdì 2 maggio 2014

Un mese di libri: aprile al femminile

Caro Diario,
 il mio aprile fa rima con femminile.
 Vado sul sicuro e affido i momenti più piacevoli ai racconti di due autrici che amo molto: Banana Yoshimoto e Joanne Harris. La prima è una poetessa che sa dipingere con le parole quadri di un'intensità tale da lasciarmi ogni volta stupefatta. La seconda è una narratrice dalla voce gentile, che evoca i ricordi accendendoli di emozione.


Il corpo sa tutto di Banana Yoshimoto
 Tredici racconti, tredici percorsi intimi, tredici protagonisti che trovano dentro di sé la forza per andare avanti e decidere come vivere l'immediato futuro. In ognuno trovo un confronto e uno stimolo. Mi affido totalmente alle parole dell'autrice.

La piccola ombra di Banana Yoshimoto
 Qui i racconti sono sei, ma io ne leggo solo due. Il motivo? Arriva un pacco per posta e contiene un libro: me lo regala Cindy di A casa di Cindy e non resisto. Giuro, lo riprenderò in mano prestissimo.

La spiaggia rubata di Joanne Harris
 Eccolo, tanto desiderato e subito arrivato! Io lo cerco e non lo trovo, Cindy lo vuol regalare: non è una coincidenza magica alla Harris?
 Bello, coinvolgente, magico. C'è lei, un luogo, la comunità - anzi, due -, un mistero, c'è lui e c'è la marea. La marea del libro trasporta e porta via la sabbia, avvicina e allontana gli animali marini, rapisce statue e persone. Crea il futuro, plasma il presente e cancella il passato. Si abbatte e ritira come le emozioni che provo: dapprima lenta, poi con allegria e infine con impeto improvviso, mentre svela una verità da batticuore. Mi piace, anche se lei, Mado, è antipatica e l'isola stretta. Una frase mi è entrata nel cuore e mi strugge per la sua dolcezza:

"Pensavo che saresti arrivata
se ti avessi aspettato abbastanza a lungo."

La donna alata di Joanne Harris
 Un libro in puro stile J.H.: la stessa storia, gli stessi avvenimenti, gli stessi ricordi narrati da due persone diverse. La donna dai capelli rossi e l'uomo dal tatuaggio segreto si rincorrono e intrecciano le loro vite, mentono e giocano, si sfidano e si amano attraverso tutte le pagine del libro. Una storia d'amore e un ritratto spietato della psiche umana. 
 Una chicca alla J.H.: l'isola in cui si svolge la storia è poco lontana dall'isola di Madò, le lambisce la stessa marea.

H/H di Banana Yoshimoto
 Lo leggo l'ultima notte di aprile, una di quelle notti che passo sveglia per motivi ignoti. Afferro il libro e inizio: sono solo due racconti, ma mi tengono inchiodata al testo. Il primo, Hard-boiled, mi fa paura. Mentre seguo la storia, i rumori rassicuranti del mio piccolo mondo notturno si trasformano e mi allarmano. Quando arrivo al punto in cui la protagonista scopre che la donna in camera sua è un fantasma, mi scorrono brividi freddi di terrore. Non perché io creda nei fantasmi, ma perché in quel momento io sono la protagonista e sono io che faccio tale scoperta. Arrivo alla fine e giro la pagina: inizia l'altro racconto, Hard Luck, che mi fa piangere. Dall'inizio alla fine piango, le mie emozioni totalmente fuse coi sentimenti della nuova protagonista. Quando chiudo il libro e spengo la luce sul comodino, penso a quanto sia immensa la bravura dell'autrice - e spero un giorno di riuscire a usare le parole con almeno un briciolo della sua intensità.
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