sono in cammino.
Nel senso che continuo a camminare, non mi fermo. Un’ora al giorno, in mezzo alla natura. Non più all’alba sul lungolago (ci rivediamo in primavera!) ma in pausa pranzo nei boschi.
Acquisto scarpe e pantaloni adatti, cerco un’entrata comoda (= in piano) al parco naturale vicino a casa, faccio un paio di tentativi di orientamento per raggiungere il Lagone – perché senza uno specchio d’acqua per me non c’è bellezza.
Il primo giorno mi perdo. Il secondo pure, e incontro un’altra anima smarrita che vaga tra i sentieri da un’ora e mezzo. Il terzo giorno studio l’incomprensibile mappa del parco e ci riprovo: eureka!
Vado dritta: passo sotto alberi che mi scrollano addosso lunghe foglie, spero che ghiande e ricci non mi cadano in testa, incrocio tre bipedi, memorizzo pietre ricoperte di muschio. Ai bivi controllo i nomi dei sentieri – ci siamo! Vado ancora dritta, svolto a sinistra (riconosco la cappella coi fiori), poi a destra. E, poco più in là, ecco il Lagone.
Mi siedo sulla panchina di fronte all’acqua. Beatitudine pura.
Il ritorno è più facile, nessuna incertezza, procedo spedita. Sono contenta!
E se piove? Se piove, come in questi giorni, continuo a camminare e non mi fermo. Cammino sull’ellittica di casa, non è la stessa cosa ma, se chiudo gli occhi e mi concentro sul respiro, vedo il sole tra le foglie, il luccichio sull’acqua e sento l’aria fresca sulle guance.
Intanto, cammino.
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